martedì

Tutta colpa di Feisbùck

Domenica sera la Gabanelli ci ha svelato che avere un account registrato su uno qualsiasi dei Social Network esistenti significa diventarne un prodotto e mettere a rischio la propria privacy: ma che scoperta. Chi non ce l'ha invece puo' continuare a vantarsi di non esserci, di credere che Facebook sia uno dei grandi mali del pianeta e che basta restarne fuori per scampare persino alle previsioni catastrofiche dei Maya. Oppure continuare a pensare, illudendosi che sia vero, che utilizzare un qualsiasi motore di ricerca per cercare un libro o prenotarsi un viaggio sia meno invasivo ai fini della tracciabilità dei propri dati personali, perché forse non sa che per risalire alle persone fisiche presenti in rete basta il semplice codice IP.



Strisciare una carta di credito è l'equivalente di inserire le proprie generalità in un SN.


Così come possedere una sim card per il telefono cellulare o una tessera per la raccolta punti del supermercato, altro che indagini personali si possono fare con quella, c'è chi monitora e registra tutto, sa quanto e cosa mangiamo, con che ci laviamo, quali detersivi usiamo. E quanto spendiamo, soprattutto. Da sempre le aziende cercano l'escamotage meno antipatico per individuare gusti e tendenze dei consumatori compilando poi medie e statistiche. Chi fabbrica e vende i suoi prodotti poi vuole sapere anche se vengono apprezzati e acquistati.
Abbiamo telecamere che ci seguono ovunque e archiviano (a nostra insaputa) immagini di momenti privatissimi della nostra vita come andare a fare spese, prelevare contanti ad un bancomat, prendersi un aperitivo in un bar dei centri storici delle città, acquistare un oggetto prezioso in una gioielleria, eccetera, eccetera. Tutto questo succede da decenni ma il problema è Facebook: vero capro espiatorio del terzo millennio.
Se la gente non sa usare un prodotto e - per esempio, visto che ha fatto notizia - beve il Tantum rosa al posto di lavarcisi le parti intime tanto che bisogna precisare sulla confezione che il Tantum rosa NON si beve, farebbe bene a continuare ad usare semplicemente l'acqua e i segnali di fumo per comunicare. Il problema, come sempre, non sono le cose, i mezzi e gli strumenti che si hanno a disposizione ma l'uso che poi se ne fa.
Partecipare a FB non significa condividere la qualsiasi, mettersi in lista sconosciuti, non significa comunicare sul proprio stato cose troppo personali, chi si comporta così lo fa a suo rischio e pericolo. Se qualcuno mette su Youtube un video dove si vede che guida contromano in autostrada, quando i carabinieri poi lo vanno ad arrestare non puo' dare la colpa ai signori di Google che hanno invaso la sua privacy, e se qualcun altro su Facebook scrive il proprio indirizzo di casa e poi trova ad aspettarlo il maniaco cybertroll poi non se la puo' prendere con Mark Zuckerberg che non si è fatto gli affari suoi. Entrambi se la devono prendere solo ed esclusivamente con la loro manifesta imbecillità.
Facebook, gli altri Social Network e il web non fanno di noi niente di piu' di quel che noi gli permettiamo di fare.






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2 commenti:

  1. Ciao,giusto per dimostrare che nulla accade per caso...
    Stavo pensando di togliermi definitivamente da Fb,ma in fondo è vero che senso ha se in verità non siamo liberi in nessun posto?
    Ps quella del Tantum non la sapevo...

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  2. Tre parole...Concordo su tutto!
    Paola.

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