lunedì

25 aprile: pasquetta una cippa

A Milano «le Brigate rosse in procura» e, a Roma, le squadracce fasciste che augurano «buona pasquetta» per farsi beffe del 25 aprile. Direte: sono manifesti messi da qualche cretino. Vero, ma solo qualche anno fa non si sarebbero permessi. I cretini escono in massa allo scoperto perché si sentono tutelati, spalleggiati e in fondo approvati. Si specchiano in chi ci governa e improvvisamente non hanno più vergogna né paura, anzi, al contrario: sono tracotanti e rumorosi. Si sentono dalla parte di chi ha vinto, salgono sul carro.



Alcuni sono solo cretini, e pazienza. Altri sono sul crinale del crimine e a volte oltre, ci sono cose che non si possono fare non perché non sta bene o perché si offende qualcuno ma perché è proprio un reato. Apologia di fascismo, per esempio. Altri ancora sono applauditi e saranno probabilmente eletti, così da chiudere il cerchio fra rappresentanti e rappresentati. (Concita De Gregorio)


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Volendo parlare lo stesso linguaggio di quegl'imbecilli che hanno avuto l'idea di quei manifesti per ricordare ai romani che oggi è solo uno dei tanti normali lunedì dopo pasqua si potrebbe dire - per esempio - che la Storia non ha avuto paura di schiacciare il fascismo una volta e che non risulta che piazzale Loreto sia stata spostata, è sempre lì a imperitura memoria, e che comunque in Italia di belle piazze ce ne sono tante: anche a Roma. Ma chi conosce la Storia di questo paese perché l'ha vissuta, studiata, perché ha capito che è giusto conoscere i fatti che hanno riguardato l'Italia nel bene e nel male ha altri tipi di responsabilità: non puo' abbassarsi ai livelli degl'imbecilli e degl'ignoranti. Figuriamoci dunque, dei fascisti.

In guerra, anche in una guerra civile, c'è la parte giusta e quella sbagliata. C'è chi ha combattuto per la libertà e chi per mantenere l'oppressione. C'è chi è stato complice delle stragi nazifasciste e chi ne è stato vittima. E per le vittime di quella guerra non puo' esserci lo stesso ricordo e la stessa considerazione.
Oggi non ci sarebbe nessuno disposto a fare quel che hanno fatto i Partigiani.
Nessuno.
Il mio GRAZIE quindi, sarà sempre per chi è morto anche per quelli che oggi rinnegano chi ha concesso loro la libertà di poter fare anche questo.
I (post) fascisti, molti dei quali presenti nel governo e in parlamento sono gli stessi che ogni tanto cercano di fare tutta l'erba - appunto - un fascio, anche di quella macchiata dal sangue dei Resistenti che combatterono per liberare questo paese dall'infamia della dittatura fascista. Qualcuno da anni lavora alacremente per far passare come vecchia e inutile questa 'festa d'aprile' di cui narrano le canzoni popolari e che è invece data 'sacra' perché sta alla base della nostra convivenza civile e che, proprio per questo, dovrebbe essere ormai da tutti condivisa e rispettata.


Finché ci sarà chi pensa che sia giusto assegnare una pensione statale a chi aiutò i soldati nazisti nel massacro di Sant'Anna di Stazzema o di Marzabotto, finché si crederà che restare a fianco dei 'camerati tedeschi' per una 'questione d'onore' fosse l'unica cosa giusta da fare, finché si penserà che studiare il periodo piu' significativo e doloroso della storia vera di questo paese sciagurato sia inutile e noioso, sarà necessario riandare con memoria partigiana al 25 Aprile.
Prima che la Storia venga insegnata solo dai libri di Pansa e di tutti quelli che la rivisitano su ordinazione, o dalle fiction di Raiuno e canale 5 opportunamente candeggiate dai veri orrori e dai veri colpevoli, prima che qualcuno ne cambi le vicende accadute raccontando favole di mostri buoni e fatine cattive, tocca a noi ricordare e spiegare, perché oggi i ragazzi di vent’anni non hanno i vent’anni di ieri, perché oggi la libertà non è più essere liberi, ma essere servi, schiavi, ignoranti e - appunto - imbecilli.






Bisogna spiegare che la libertà non è quella che vorrebbero berlusconi e gli amici suoi che sì, vogliono essere liberi ma di continuare ad arricchirsi, delinquere, stravolgere il senso di tutte le cose, in primis del rispetto, fregandosene delle leggi e di noi.


La libertà è parlare, pensare, scrivere, suonare, cantare, lavorare, esistere, studiare, ognuno a modo suo e nel rispetto dell’altro.
Le analisi politico-storiche non si possono fare con chi nega, rivisita, cancella dalle celebrazioni ufficiali e dai programmi scolastici una Storia che tutti conoscono, anche quelli che la rinnegano.
Non ci puo' essere nessuna memoria condivisa se gli argomenti sono questi.
In una società dove tornano tutti i giorni alla ribalta ideali xenofobi e razzisti anche sottoforma di azioni violente, è necessario rilanciare ogni giorno gli ideali antifascisti.


Perché è su questi che si è fondata la libertà di tutti.


Anche di chi non ne è ancora del tutto convinto.










domenica

Resurrezione

"Auguri", che in latino significa "aumenta ciò che hai" .



Che siate credenti o no, auguri a tutti, perché quella di oggi è la festa della vittoria della vita sulla morte.


Auguri di una nuova nascita, nonostante tutto, perché la primavera ritorna...sempre, anche quando tutto sembra dire il contrario.


Tutti abbiamo bisogno di credere in qualcosa o qualcuno, specie nel momento del bisogno, non foss'altro che per prendercela con qualcosa o qualcuno quando la vita diventa difficile.


Personalmente non contesto né sono contro le persone che credono, contro chi preferisce affidarsi al trascendentale piuttosto che alla razionalità, e lo fa tenendo bene a mente che la fede è un fatto privato, quello che non riesco a sopportare è quell'arroganza che vorrebbe che tutti si comportassero nello stesso modo, quello che per qualcuno è l'unico, quello giusto.


Sono diventata atea proprio quando ho capito che su ogni questione la chiesa vuole imporre la sua ragione, il resto l'ho capito dopo. Secondo la Storia Gesù Cristo fu inchiodato con la complicità dei sacerdoti del tempio e di quel popolo che come molti attuali pensò che fosse piu' conveniente salvare il ladro anziché il Giusto, l'Onesto.


Quando la chiesa capirà che imporre comportamenti, obbligare a fare cose che non tutti hanno voglia di fare né sono obbligati a fare, che vietare alle persone di vivere come vogliono purché nel rispetto di tutti è invece l'unico modo per tenerle lontane da una religione e da un'istituzione sempre piu' in crisi per precise responsabilità di chi diffonde certi messaggi forse avrò piu' rispetto per questi narratori di irrealtà favoleggianti ma soprattutto di bugie. Questo per me è un giorno come un altro, come il natale e tutte le feste - appunto - "comandate".
Per renderle diverse, per dare davvero un senso a quella cristianità che ognuno dovrebbe sentire dentro di sé e non certo farsela insegnare da chi da duemila anni ha come unico obiettivo quello di occultare la verità ci vorrebbero fatti, cose concrete, prese di posizione e di distanze nette della chiesa e dei suoi uomini dai portatori di ingiustizie, guerre, miseria, terrore e morte. Bisognerebbe smetterla una volta e per tutte di distorcere il senso delle parole.


Il papa ha detto, a proposito della pedofilia all'interno del vaticano: «I piccoli sfregiati dal disordine del cuore».
Nemmeno per sogno, il cuore non c'entra niente con la depravazione di certi ( molti ) preti.
Rendere poetico lo stupro di bambini per allontanare l'idea di chi sono i violentatori è quanto di meno cristiano si potesse fare. Eppure proprio Gesù disse "guai a chi scandalizza uno di questi piccoli". Un ulteriore sfregio ai bimbi, relegati a vittime di "amori" malati, disordinati. Il giorno di pasqua e da parte del papa.
Che bellezza, le parole, sì, fanno diventare romantico e decadente quello che è un violento attacco alla libertà, una ferita inguaribile inferta a chi andrebbe solo protetto, tutelato e amato: la sodomia contro creature inermi praticata da adulti in abito talare, per giunta.
Ecco perché ci sono parole alle quali non si puo' credere. Non si dovrebbe credere.
Nemmeno a pasqua.





venerdì

Buona Pasqua di cioccolato

Ora non mi ricordo bene i precetti. Non frequento e ho dimenticato se a Pasqua si debba essere tutti più buoni o tutti più mesti. So per certo che si dovrà essere tutti più sazi, come di solito impongono le regole non scritte delle festività, e che molti bimbi passeranno giorni con le chiappette sul cesso e i culetti arrossati, per aver spaccato un uovo di cioccolato dopo l’altro per trovarci dentro un pezzetto di plastica che costa quanto l’oro.



Per non sbagliare ho deciso di non essere né più buona né più mesta (di quanto io non sia già) e di conservarmi incazzata, che almeno non dovrò faticare alla prossima occasione. Mi porto avanti col lavoro, come di solito faccio da quando ho iniziato a vivere questa vita del “non si sa mai” che ogni giorno ho previsto un imprevisto. Sono così incazzata, per esempio, che vorrei essere anche vegetariana, in modo tale di avere più piacere questa sera addentando un pezzo di carne, e meglio se umana. Tanto per essere certa di non sbagliare.


Non lo so perché, forse perché oggi tacciono anche le campane che ieri suonavano come si usava un tempo, con l’uomo appeso alla corda, sudato e felice. Felice come il prete lavatore di piedi, come il Papa lavatore di piedi, con le sante ginocchia posate in un morbido cuscino rosso, e la brocca tutta d’oro, proprio come fece Gesù, magari con l’acqua minerale, per non urtare i cardinalizi duroni. Non so perché, davvero, io sia così incazzata.


Sarà perché è festa comandata? Una di quelle che servono non tanto a guardarsi dentro il profondo, alla ricerca di quel che non diamo o che prendiamo e non meritiamo, ma una di quelle che chissà cosa mangeremo, o finalmente mangeremo, che oggi anche questa non è più garanzia per tutti. È la festa che comanda d’esser felici e ben vestiti, soprattutto, per onorare il mistero della Resurrezione di un uomo che dicono finì la sua vita crocefisso e in mutande, coperto da un lenzuolo.


Non mi ricordo davvero, se a Pasqua si debba essere tutti più buoni, mi ricordo che lo dicono a Natale, questo sì, me lo ricordo. Ora però che mi concentro mi ricordo: la Pasqua è la festa della Pace, e non è una battuta. La si festeggia in tutto il mondo, anche in America con gli ovetti nascosti, e il coniglio pasquale. La si festeggia ovunque, la Pasqua che è resurrezione, ma ovviamente non di tutti i morti ammazzati dalla pace.


Per fortuna mi conservo incazzata, così non dovrò faticare – beata pigrizia – nel vedere ancora le colombe libere di volare, lanciate in cielo dalle sante mani del santo padre, e nel dover rispondere a quegli auguri di “Buona Pasqua” come se davvero fosse un augurio, e come se davvero fosse una cosa seria, questa giornata di uova di cioccolato, di conigli di cioccolato, di colombe farcite di cioccolato, tutto così marrone, che alla fine sarà bene ricordare che Pasqua è la festa del cioccolato. Confondersi sarebbe un attimo.


















Rita Pani (APOLIDE)














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Restiamo umani

Anche se è sempre piu' difficile.







Anche quando un Uomo di Pace viene ucciso.






Anche quando sappiamo con certezza che per lui non ci saranno onorificenze particolari, funerali di stato, ministri in prima fila né bandiere da cannibalizzare.
Anche quando il pensiero si fa sottile.
Restiamo umani, perché è sempre meglio che essere bestie immonde come quelle che uccidono chi porta la pace con la pace.
C'è voluto un gran coraggio per uccidere un uomo armato solo di carta e penna, un computer e una pipa.
Ci sono realtà in cui le parole "pace", "democrazia" e "libertà" non avranno mai nessun senso, purtroppo. Verrebbe voglia di invitare questi uomini e donne di buona volontà ad abbandonare le loro utopie e rassegnarsi a questa evidenza. Quella di un mondo sopraffatto dalla violenza di chi pensa che un dio, il suo, sia meglio di un altro, da secoli nel mondo peggiore che ci sia, dunque il nostro, si fanno guerre nel nome di Dio, della difesa di pochi chilometri di terra. Dio e la "robba": una dicotomia da incubo, per chi crede davvero.
Non c'era alcun ultimatum. Avevano deciso di toglierlo da mezzo. C'è qualcuno infastidito dalle attività dei pacifisti. Da sempre. E i mandanti di questi omicidi quasi mai sono di religione islamica.
Ciao Vittorio, grazie





mercoledì

Perché dietro c'è la vita, qualche volta anche la morte

Il coraggio consiste nel dar ragione alle cose, quando non ci è possibile cambiarle.
(Marguerite Yourcenar)

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Tutti sanno come la penso a proposito di chi usa i suoi drammi, veri, presunti ma il piu' delle volte inventati portandoli qui molto spesso per obiettivi tutt'altro che nobili, come in quelle odiose trasmissioni dove si costruisce perfino un dolore artificiale a gente che si fa pagare per questo affinché altra gente possa nutrirsene per esorcizzare le proprie disgrazie: c'è chi per stare bene ha bisogno di vedere chi sta male, una cosa meno umana di questa mi riesce difficile anche immaginarla, e pensare invece che c'è chi su questo guadagna anche molti soldi e lo considera un lavoro come un altro.



Spesso insisto sulla questione del rispetto che deve esserci anche in posti come questi apparentemente vacui, superficiali e inutili, dei quali si potrebbe fare a meno senza troppo sacrificio. Lo faccio perché so che dietro queste pagine colorate ognuno ha la sua vita vera, quella non costruita a favore di telecamere né quella da dare in pasto a degli sconosciuti viaggiatori del web per tirarci su qualche commento in piu' nei blog. Che in questa vita ci sono tante cose a cui pensare e di cui occuparsi e preoccuparsi e che per questo sia giusto pretendere di poter stare qui il piu' serenamente possibile.
Stanotte è morto mio padre dopo dodici giorni di ricovero in terapia intensiva, e aldilà di tutto quello che penso ora, del mio sforzo interiore fatto per prepararmi a questo evento in tutti questi giorni, del fatto che io fossi pronta ad aspettarmelo e che proprio per questo non ne ho parlato prima pubblicamente, mi piacerebbe che tutti riflettessero un po' di piu' sui loro comportamenti, che imparassero a pensare sul serio che quando si entra in un blog come i  miei e come tutti quelli in cui si porta molto di sé senza finzioni è esattamente come entrare nelle case e nelle vite degli altri.
Ecco perché bisogna saperci entrare, e l'unico modo per riuscirci è farlo con lo stesso rispetto col quale si entra fisicamente nelle vite degli altri.




















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martedì

Tutta colpa di Feisbùck

Domenica sera la Gabanelli ci ha svelato che avere un account registrato su uno qualsiasi dei Social Network esistenti significa diventarne un prodotto e mettere a rischio la propria privacy: ma che scoperta. Chi non ce l'ha invece puo' continuare a vantarsi di non esserci, di credere che Facebook sia uno dei grandi mali del pianeta e che basta restarne fuori per scampare persino alle previsioni catastrofiche dei Maya. Oppure continuare a pensare, illudendosi che sia vero, che utilizzare un qualsiasi motore di ricerca per cercare un libro o prenotarsi un viaggio sia meno invasivo ai fini della tracciabilità dei propri dati personali, perché forse non sa che per risalire alle persone fisiche presenti in rete basta il semplice codice IP.



Strisciare una carta di credito è l'equivalente di inserire le proprie generalità in un SN.


Così come possedere una sim card per il telefono cellulare o una tessera per la raccolta punti del supermercato, altro che indagini personali si possono fare con quella, c'è chi monitora e registra tutto, sa quanto e cosa mangiamo, con che ci laviamo, quali detersivi usiamo. E quanto spendiamo, soprattutto. Da sempre le aziende cercano l'escamotage meno antipatico per individuare gusti e tendenze dei consumatori compilando poi medie e statistiche. Chi fabbrica e vende i suoi prodotti poi vuole sapere anche se vengono apprezzati e acquistati.
Abbiamo telecamere che ci seguono ovunque e archiviano (a nostra insaputa) immagini di momenti privatissimi della nostra vita come andare a fare spese, prelevare contanti ad un bancomat, prendersi un aperitivo in un bar dei centri storici delle città, acquistare un oggetto prezioso in una gioielleria, eccetera, eccetera. Tutto questo succede da decenni ma il problema è Facebook: vero capro espiatorio del terzo millennio.
Se la gente non sa usare un prodotto e - per esempio, visto che ha fatto notizia - beve il Tantum rosa al posto di lavarcisi le parti intime tanto che bisogna precisare sulla confezione che il Tantum rosa NON si beve, farebbe bene a continuare ad usare semplicemente l'acqua e i segnali di fumo per comunicare. Il problema, come sempre, non sono le cose, i mezzi e gli strumenti che si hanno a disposizione ma l'uso che poi se ne fa.
Partecipare a FB non significa condividere la qualsiasi, mettersi in lista sconosciuti, non significa comunicare sul proprio stato cose troppo personali, chi si comporta così lo fa a suo rischio e pericolo. Se qualcuno mette su Youtube un video dove si vede che guida contromano in autostrada, quando i carabinieri poi lo vanno ad arrestare non puo' dare la colpa ai signori di Google che hanno invaso la sua privacy, e se qualcun altro su Facebook scrive il proprio indirizzo di casa e poi trova ad aspettarlo il maniaco cybertroll poi non se la puo' prendere con Mark Zuckerberg che non si è fatto gli affari suoi. Entrambi se la devono prendere solo ed esclusivamente con la loro manifesta imbecillità.
Facebook, gli altri Social Network e il web non fanno di noi niente di piu' di quel che noi gli permettiamo di fare.






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giovedì

Ci sono momenti...


...in cui ci sente come se ci avessero rubato un sogno mentre avevamo ancora gli occhi chiusi.

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Una volta avevo scritto che l'amore non esiste, e se esiste è un imbroglio: che significa amare? Ti amavo. Ti amavo al punto di non poter sopportare l'idea di ferirti pur essendo tradita, e amandoti amavo i tuoi difetti, i tuoi errori, le tue bugie, le tue bruttezze, le tue contraddizioni, il tuo corpo.

E forse il tuo carattere non mi piaceva, nè il tuo modo di comportarti, però ti amavo di un amore più forte del desiderio, più cieco della gelosia: a tal punto implacabile, a tal punto inguaribile, che ormai non potevo più concepire la vita senza te. Ne facevi parte quanto il mio respiro, le mie mani, il mio cervello e rinunciare a te era rinunciare a me stessa, ai miei sogni che erano i tuoi sogni, alle tue illusioni che erano le mie illusioni, alle tue speranze che erano le mie speranze, alla vita! E l'amore esisteva, non era un imbroglio, era piuttosto una malattia, e di tale malattia potevo elencare tutti i segni, tutti i fenomeni.
Se parlavo di te con gente che non ti conosceva o alla quale non interessavi, mi affannavo a spiegare quanto tu fossi straordinario geniale e grande; se passavo dinanzi a un negozio di cravatte e camicie mi fermavo d'istinto a cercare la cravatta che ti sarebbe piaciuta. Un amore simile non era nemmeno una malattia..era un cancro! Un cancro che a poco a poco invade gli organi interni col suo moltiplicarsi di cellule, il suo plasma vischioso di male, e più cresci e più diventi cosciente che nessuna malattia può arrestarlo, nessun intervento chirurgico può asportarlo, forse sarebbe stato possibile quando era un granellino di sabbia, un chicco di riso, una vocina che grida, un amplesso mentre il vento fruscia tra i rami d'olivo.
Ora invece non è possibile perchè ti ruba ogni organo, ti divora a tal punto che non sei più te stessa ma un impasto fuso con lui, un unico magma che può disfarsi solo con la morte, la sua morte che sarebbe anche la tua morte, così tu mi avevi invaso e così tu mi stavi divorando, ammazzando."


(Oriana Fallaci )

domenica

Sognare non è una cosa "difettosa"

Alice rise:

«È inutile che ci provi», disse; «non si può credere a una cosa impossibile.»

«Oserei dire che non ti sei allenata molto», ribatté la Regina. «Quando ero giovane, mi esercitavo sempre mezz'ora al giorno. A volte riuscivo a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione.»



( Lewis Carroll - Alice nel paese delle meraviglie )
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Tutti abbiamo la necessità di portare - ogni tanto o piu' spesso - la mente altrove, alcuni facendola accompagnare in questo viaggio dal cuore. Anche agli irriducibili, ai duri e puri del realismo tout court sarà capitato almeno una volta nella vita di scoprirsi a fissare un punto, uno zenit immaginario, e pensare intensamente a qualcosa o a qualcuno che forse mai si riuscirà a raggiungere, ad avvicinare quel tanto che serve a delimitarne i contorni per poterli sfiorare, osservarne i colori, annusarne gli odori.
Sognare è terapeutico, tiene lontani quei pensieri a volte tristi, o quelli che semplicemente sono motivo di preoccupazione ma che, essendo parte della vita reale, di una concreta quotidianità, in un modo o nell'altro si risolveranno e che non sempre meritano di stravolgere completamente gli stati d'animo di chi si sforza ogni giorno di avere nei confronti della vita un atteggiamento assolutamente positivo. Io dico sempre che chi pensa male ( specialmente quando non ne avrebbe nemmeno i motivi ) vive male e si comporta male, e fa vivere male anche le persone che ha intorno.
Pensare di rendere migliori le cose negative aggiungendoci altra negatività è lo stesso concetto utopico e distruttivo di chi crede che fare le guerre serva a portare la pace.
E non c'è un'età per sognare, anzi è proprio in quella fase della vita piu' consapevole e matura che si puo' sentire la necessità di isolare se stessi in un piccolo rifugio dove far riposare mente e cuore dalle brutture, dalla cattiveria, un posto dove sentirsi meno impotenti e fragili, un posto dove c'è posto solo per la Bellezza.
Guai a chi toccasse i miei sogni, specialmente adesso...





sabato

Esercizi mentali

Prepararsi ad accettare il distacco dalle persone care è qualcosa che si inizia a fare molto presto, ci si deve staccare da un figlio quando inizia ad andare all'asilo e una madre deve prendere atto che da quel momento in poi non sarà piu' la sola indispensabile presenza nella sua vita.

Ci si prepara al distacco quando i figli crescono e iniziano ad avere una loro vita indipendente, quella che li fa stare fuori la notte, andare una settimana in vacanza da soli, ma questo non è difficile né doloroso perché sappiamo che torneranno a casa e a dormire nel loro letto.
La prima sensazione di distacco forte da mio figlio l'ho avuta un bel mattino di gennaio di tre anni fa, il 4 per la precisione, quando angelicamente come puo' fare un ( all'epoca ) ventiquattrenne alto un metro e novantotto che indossa il 47 di scarpe mi disse: "mamma, ma quest'anno dove lo prendete l'ombrellone?" io ho guardato mio marito con una sola domanda negli occhi: "dove sta la fregatura?" perché mio figlio mi deve chiedere dove prendo l'ombrellone in un periodo in cui di solito si tira a lucido l'attrezzatura da sci? Al che lui, la bestia ingrata, sempre candidamente finisce la frase: "no perché sai? ad agosto diventate nonni". Tutto questo rivolgendosi soltanto a me perché quando i figli maschi devono comunicare cose importanti ai padri che di solito si traducono nell'ennesima richiesta di soldi usano altri argomenti, magari iniziando a confabulare dell'ultimo gol di Totti o del modello della monovolume piu' recente uscita sul mercato, loro sono fatti così, hanno una mente semplice che si nutre di cose semplici.
Il suo punto è stata una porta chiusa alle spalle prim'ancora che mio marito e io riuscissimo a completare il circolo naturale della respirazione. Un'uscita estemporanea alle nove di mattina per dare il tempo a suo padre e a me di metabolizzare la notizia.
Per almeno due settimane il pavimento di casa mia non era piu' fatto di mattoni ma sembrava una enorme distesa di cotone idrofilo nella quale io affondavo i passi mentre mi chiedevo dove avessi sbagliato, perché le mamme si fanno sempre questa domanda, pensando sempre di essere loro la causa di tutto, con la storia della Regina della casa sono duemila anni che gli uomini fanno quel cazzo che vogliono e quando vogliono senza sentirsi mai in colpa per niente o quasi.
Poi lo smarrimento passa, le scelte dei figli vanno accettate, specialmente quando sono frutto della convinzione e non del caso, quel bambino è stato voluto, non è il frutto di un rapporto vissuto con leggerezza e quando i figli sono felici noi dobbiamo esserlo piu' di loro.
E quando lui è andato via da questa casa ci sono tante prime volte, la prima mattina in cui ho avuto un letto in meno da rifare, si ritorna alle cenette a due che non sono per niente tristi e spiacevoli, e la prima lavatrice nella quale di suo non c'era neanche un paio di calzini, cose, e sensazioni, che io ho cercato di ottimizzare trasformandole in meno impegni per me, meno cose da fare, accettando quindi con serenità tutti quei cambiamenti che avvengono in una casa meno frequentata e che guardate da una diversa angolatura significano anche piu' tempo libero da impiegare in cose piu' piacevoli e gratificanti a livello personale.


Credo quindi che l'esercizio mentale per prepararsi al Grande Distacco che è quello che ci separa da qualcuno che arriva al suo naturale compimento del ciclo della vita sia qualcosa che tutti dovremmo imparare a fare, specialmente in presenza di genitori e parenti anziani, spesso malati. Pensare che prima o poi ci si debba separare fisicamente da qualcuno e farlo con serena razionalità non significa non provare emozioni spesso sconosciute, vuol dire solo prendere atto che l'unica cosa alla quale ci si deve abituare da vivi è proprio la morte, perché è l'Evento inevitabile, quello dal quale nessuno si puo' sottrarre.